La cessazione del rapporto di lavoro: il periodo di preavviso Stampa
Mondo TN
2019
18
Settembre

Il CCNL imprese autotrasporto richiama questo istituto contrattuale all’art. 48 del testo, principalmente dedicato alle condizioni che determinano la cessazione del contratto di lavoro.

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Poiché il preavviso, oltre che dal contenuto del suddetto articolo, è anche regolamentato dal Codice Civile (art. 2118) e da varie prese di posizione della giurisprudenza succedutesi nel corso degli anni, è bene considerare alcuni aspetti che sono spesso motivo di contenzioso.

L’obbligo di rispettare il preavviso sussiste sia in caso di dimissioni volontarie del lavoratore, che in caso di licenziamento intimato dal datore di lavoro e, a meno di espressa rinuncia concordata fra le parti, il mancato rispetto del periodo, in tutto o in parte, costituisce inadempienza contrattuale, in relazione alla quale la parte che lo subisce può richiedere un risarcimento in giornate nell’ambito delle durate fissate dal CCNL.

In sede di assunzione possono essere pattuite clausole che prevedano periodi più lunghi, sia in caso di recesso intimato dal datore, che in caso di dimissioni. In questo secondo caso è d’obbligo una contropartita economica, a titolo di compensazione per la deroga “in peius” alle norme contrattuali.

Durante il preavviso il rapporto di lavoro prosegue normalmente: il lavoratore è obbligato ad eseguire la prestazione e il datore di lavoro è tenuto a corrispondere la retribuzione e a computare il periodo, ad ogni effetto, ai fini dell’anzianità; con l’unico avviso che non potranno essere considerate, secondo la citazione del testo contrattuale, le assenze per ferie, congedo matrimoniale e, di norma, anche malattia e infortunio.

Questo comporta la necessità che, verificandosi tali sospensioni, la scadenza originariamente fissata venga spostata in avanti nel tempo fino a copertura delle giornate di interruzione.

La legge disciplina anche alcune casistiche al ricorrere delle quali le parti risultano esonerate dal rispetto dell’obbligo in esame, più precisamente: la lavoratrice madre che si dimette entro un anno di età del bambino (alla quale però va corrisposta l’indennità sostituiva), il lavoratore che si dimette per giusta causa, il datore che recede per giusta causa, in caso di mutuo consenso fra le parti, in caso di interruzione durante il periodo di prova.

Nel caso in cui, come già detto, il preavviso non sia lavorato in tutto o in parte, la parte che ha comunicato il recesso deve corrispondere all’altra un’indennità equivalente all’importo della retribuzione che sarebbe spettata per il periodo, maggiorata dei ratei delle mensilità aggiuntive e di eventuali altri elementi variabili (es. provvigioni, premi di produzione, partecipazione a utili).

In caso di morte del lavoratore l’indennità spetta ai superstiti, quali il coniuge e i figli e, se vivevano a carico del prestatore di lavoro, i parenti entro il terzo grado e gli affini entro il secondo.

Il fallimento dell’azienda non è considerato una giusta causa di licenziamento, in tale situazione è d’obbligo la corresponsione dell’indennità.

Articolo dell'Avv. Simone Cogno, tratto dal TN 4/2019 anno XXI

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