L'azione diretta del sub-vettore: nei confronti dei committenti del trasporto Stampa
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2019
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Settembre

L’art. 7-ter, della Legge 286/2005 stabilisce che il vettore che “ha svolto un servizio di trasporto su incarico di altro vettore, a sua volta obbligato ad eseguire la prestazione in forza di contratto stipulato con precedente vettore o direttamente con il mittente, inteso come mandante effettivo della consegna, ha azione diretta per il pagamento del corrispettivo nei confronti di tutti coloro che hanno ordinato il trasporto, i quali sono obbligati in solido nei limiti delle sole restazioni ricevute e della quota di corrispettivo pattuita, fatta salva l’azione di rivalsa di ciascuno nei confronti della propria controparte contrattuale”.

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La disposizione di legge è stata introdotta dal D.L. 103/2010. Il legislatore ha deciso di conferire al sub-vettore il diritto di agire direttamente nei confronti di tutti coloro che hanno ordinato il trasporto, per ottenere il pagamento del nolo.

La ratio della disposizione di legge è quella di aiutare chi effettua materialmente il trasporto, in quanto nella maggioranza dei casi è il soggetto contrattualmente più debole.

Si assiste sempre più spesso, infatti, a casi di mancato pagamento da parte del vettore principale, non considerati i casi dolosi, dovuti a crisi transitoria ovvero a default.

Senza la tutela fornita dalla citata disposizione, il sub–vettore perderebbe, in molti casi, il corrispettivo dovuto per la prestazione.

Vi è, contestualmente, una rilevante penalizzazione del committente, poiché egli è tenuto al pagamento del nolo al sub vettore, anche se ha già corrisposto il dovuto al vettore principale, salvo azione di rivalsa verso quest’ultimo. L’interpretazione della norma, ha dato luogo alla creazione di varie casistiche, fra le quali alcune tutelano maggiormente il committente dal rischio di abusi. Ma vediamo quali.

Poiché la disposizione in commento viene giustificata nel senso di tutelare maggiormente la figura del sub. Vettore, la giurisprudenza è orientata nel senso di considerare l’azione applicabile anche se il committente ha pagato il vettore principale, ma costui non ha corrisposto al sub-vettore la parte di sua competenza.

Ciò va a discapito dei committenti, in quanto essi si trovano a dover pagare due volte: una al vettore principale in virtù del contratto sottoscritto con quest’ultimo e l’altra verso il sub-vettore, il quale ha azione diretta ex art 7 ter, L 286/2005.

Il pagamento effettuato nei confronti del primo vettore non ha effetto liberatorio e così il committente si trova a poter percorrere come unica strada quella di azionare la rivalsa nei confronti del committente, ai sensi del citato articolo 7 ter. Tuttavia, nel caso di fallimento di quest’ultimo, si manifesta l’impossibilità di riottenere quanto pagato, se non in minima parte, partecipando alla distribuzione dell’attivo fallimentare.

Dottrina e giurisprudenza di merito sono inoltre unanimi nel ritenere che il sub-vettore abbia diritto di agire in via diretta per il pagamento delle proprie fatture nolo anche mediante ricorso al procedimento monitorio, al fine di ottenere un decreto ingiuntivo direttamente contro il committente ex art. 7-ter e non contro il primo vettore, anche se le fatture sono intestate a quest’ultimo. Le regole sopra citate valgono nel caso di soggetti “in bonis”.

Nel caso del fallimento del primo vettore, si sono registrati orientamenti giurisprudenziali contrastanti: da un lato, in alcuni precedenti si è affermata l’inapplicabilità della suddetta normativa in presenza di procedure concorsuali, in ragione del necessario rispetto del principio della par condicio creditorum; viceversa, in altri casi è stata affermata l’irrilevanza di tali procedure rispetto alla possibilità per il sub vettore di esercitare l’azione diretta.

Un primo orientamento, sostiene che, in caso di esercizio dell’azione diretta da parte del sub-vettore, non sarebbe violata la par condicio creditorum, in quanto il sub vettore “non consegue il pagamento con risorse appartenenti alla massa fallimentare; al contrario, rivolgendosi ad un altro soggetto verso cui la legge gli riconosce azione, avvantaggia i creditori concorsuali perché si sottrae al concorso e rinuncia ad essere soddisfatto con somme della procedura”.

Viceversa, orientamento più risalente, considera applicabile la disposizione di cui al citato art. 7-ter solo fra soggetti c.d. “in bonis”, mentre se interviene il fallimento del primo vettore devono trovare applicazione le norme speciali dettate dalla Legge Fallimentare.

Tuttavia, tale ipotesi fa riferimento al caso in cui al momento del fallimento il committente non abbia ancora corrisposto il pagamento al primo vettore. In tal caso, infatti, il curatore ha diritto a pretendere il pagamento di quanto dovuto dal committente, pena la violazione della cosiddetta Par condicio creditorum.

Viceversa, nel caso in cui il committente abbia pagato il dovuto al primo vettore poi fallito, il sub–vettore ha diritto a richiedere il pagamento una seconda volta, in virtù proprio dell’azione diretta ex art. 7 ter della disposizione citata.

Tale meccanismo, a prima vista penalizzante, deve tuttavia essere inquadrato nel contesto normativo nel quale il sub-vettore troppo spesso non era pagato pur avendo concretamente portato a termine la consegna, in luogo del vettore principale che incassava tuto il corrispettivo senza aver materialmente svolto la consegna.

Articolo dell'Avv. Lorenzo Pittaluga, tratto dal TN 4/2019 anno XXI

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