Rotterdam e Anversa: scarsi controlli sulle merci Stampa
Mondo TN
2020
07
Maggio

La libera circolazione delle merci rappresenta uno dei fondamenti dell’Unione europea, i cui valori portanti, Stato di diritto, democrazia, tutela dei diritti fondamentali e libera concorrenza, sono messi a rischio dalla criminalità organizzata che, in modo sempre più crescente, tende ad assumere una dimensione transnazionale.

Logistica

In particolare i grandi porti europei sembrano essere divenuti il fulcro di traffici illeciti e reati gestiti dalle mafie internazionali. Due chiare manifestazioni di questo fenomeno sono evidenti a Rotterdam e Anversa.

Il porto di Rotterdam è il più grande d’Europa e offre lavoro a 180.000 persone. E' talmente esteso che non basta girarlo in macchina per un intero giorno per vederlo tutto. Qui vengono smistate merci per un volume pari a 467.700 tonnellate e quotidianamente vengono scaricati in media 15.000 container.

Da qui partono moltissimi traffici illegali perché, su grosse quantità, è difficile effettuare controlli serrati e perché, come ammesso dalle stesse autorità portuali olandesi, esiste un sistema di corruzione tra i lavoratori del porto che sta diventando sempre più diffuso.

Anche se il porto di Rotterdam è dotato di sistemi di controllo all’avanguardia, si tende a guardare sempre di più al risultato economico e, in particolare, al danno che può scaturire dal fermo di un container. Fermare e controllare 1.000 container significa ritardare la consegna, ritardare la consegna significa creare dei problemi e delle criticità dal punto di vista del profitto. E' ovvio, dunque, che non si possa controllare tutto e che le mafie internazionali ne approfittino per svolgere i loro traffici illeciti.

Stessa situazione si riscontra ad Anversa, uno dei porti più grandi al mondo con dimensioni pari a 18.000 campi di calcio e un transito annuo di circa 11 milioni di container.

Anche qui gli interessi del business legale, che punta ad aumentare i profitti semplificando al massimo le procedure di sbarco, finiscono paradossalmente per agevolare il lavoro dei trafficanti. Troppi controlli intralciano gli affari delle grandi aziende della logistica: i mercati globali vanno di fretta e le merci vanno consegnate ovunque nel mondo alla massima velocità possibile.

Ne deriva, ad esempio, che solo l’1% dei container che le autorità portuali considerano rilevanti nella lotta al traffico di droghe, come quelli proveniente dal Sudamerica, venga controllato.

Anversa è anche il più grande gestore di frutta d’Europa, con linee cargo dirette da Paesi come Colombia e Guatemala. Visto che i prodotti freschi devono essere processati rapidamente dal porto, è difficile per le forze dell’ordine controllare troppi container. Polizia e dogana ritengono che la cocaina intercettata sia solo il 10% del totale.

La vicinanza tra il porto di Anversa e quello di Rotterdam ha creato, inoltre, una sorta di concorrenza per quello che riguarda i traffici illegali: infatti, come vasi comunicanti, quando uno dei due porti alza i livelli di controllo, le merci illegali tendono ad arrivare nel porto vicino.

A facilitare questo sistema vi è la possibilità di infiltrazione criminale nei sistemi del mondo legale: per le organizzazioni criminali è facile, con i loro volumi d’affari da miliardi di euro, corrompere trasportatori e lavoratori nel portuali, la cui collaborazione è indispensabile per l’accesso alle aree riservate.

In particolare andrebbero aumentati i controlli sui reparti ‘pre-arrival’ ovvero quelle parti del porto dove si decide quali container verranno controllati o meno e che vede un numero sempre crescente di doganieri corrotti.

E' chiaro che quanto detto, oltre ad agevolare i traffici illeciti delle mafie internazionali, dia luogo a una situazione di squilibrio e concorrenza sleale verso quei porti, tra cui quelli italiani, dove i controlli sono generalmente più scrupolosi. 

Proprio nel nostro Paese, nota dolente di questa area competitiva, sono i tempi e i costi delle procedure doganali, in particolare il sistema dei controlli giudicato eccessivo ed eccessivamente lento. Tuttavia, la recente introduzione della procedura del pre-clearing ha mitigato di molto le critiche mosse verso l’Autorità doganale. La procedura in questione, anticipando ai terminalisti le informazioni relative ai controlli da effettuare, consente agli operatori di incanalare verso i varchi di uscita tutti i container non selezionati dal sistema di controllo, con notevole risparmio dei costi di stazionamento.

Resta tuttavia molta strada da fare per garantire un sistema di controlli portuali più omogeneo a livello europeo: solo scegliendo di puntare maggiormente sull’innovazione tecnologica e dispiegando un uso maggiore di controlli tramite intelligenza artificiale, le forze doganali potranno contrastare le mafie e i loro traffici illeciti.

Va poi ricordato come i gruppi criminali che agiscono a livello transnazionale sfruttino le differenze di legislazione tra gli ordinamenti nazionali che, di fatto, limitano le attività di cooperazione giudiziaria, investigativa e informativa tra gli Stati membri. E' fondamentale, dunque, ripensare una strategia comune UE per il contrasto alle mafie (e ai loro traffici) che sappia fronteggiare la nuova realtà dei gruppi criminali attraverso una legislazione moderna ed efficace, fondata su una nozione unitaria di criminalità organizzata che preveda strumenti d’indagine al passo con le più moderne tecnologie, un’efficace opera di contrasto patrimoniale e una stabile cooperazione con i Paesi terzi. Solo superando i vuoti normativi potremo tutelare i diritti e garantire una concorrenza leale legata al traffico delle merci nell’Unione europea.

Articolo di Matteo Adinolfi tratto dal TN 2/2020 anno XXII

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