Ripartenza con infrastrutture e trasporto merci Stampa
Logistica
2020
26
Agosto

L'efficienza logistica di una nazione è uno degli indici su cui misurare le sue potenzialità di crescita e di benessere.

infrastruttura

Il Logistics Performance Index istituito dalla Banca Mondiale è uno strumento di benchmarking creato per aiutare i Paesi a identificare le sfide e le opportunità che occorrono nelle loro prestazioni sulla logistica commerciale e come possono migliorarle.

L’indice logistico considera numerosi parametri: efficienza del processo di espletamento delle formalità burocratiche, qualità delle infrastrutture commerciali e di trasporto, facilità di organizzare spedizioni a prezzi competitivi, competenza e qualità dei servizi di logistica, tracciabilità e puntualità delle spedizioni

Nella classifica mondiale, l’Italia si posiziona oggi al 19° posto, con ben dieci Paesi europei davanti mentre la miglior performance spetta alla Germania, seguita da Svezia, Belgio e Austria. 

È quindi evidente che ad oggi abbiamo un gap da colmare: le criticità del nostro sistema logistico sono una zavorra per l’economia nazionale.

Anche la tipologia di trasporto incide nella competitività di un Paese. Ad esempio, per le merci è oramai appurato che quello su rotaia sia più competitivo, sicuro e compatibile con la salvaguardia dell'ambiente rispetto soprattutto a quello su gomma (secondo la Corte dei Conti europea l’emissione di CO2 per il trasporto su strada è più del triplo rispetto alle ferrovie).

I vantaggi del trasporto ferroviario sono infatti molteplici: tempi di transito più veloci; convenienza economica con infrastrutture adeguate; elevata sicurezza; decongestionamento di strade ed autostrade; riduzione di emissioni nocive; spostamento di grandi quantità di merci su lunghe distanze. 

Purtroppo, anche in questo contesto il nostro Paese ha un evidente gap da colmare: ancora oggi l’85 per cento del traffico merci domestico (circa 880 milioni di tonnellate movimentate all'anno) viaggia su gomma e il 17 per cento su rotaia.  Siamo la nazione tra i meno “green” in Europa, dove in media tre quarti del trasporto merci terrestre viaggia su strada (76,4 per cento) e meno di un quinto (17,4 per cento) su ferrovia; la quota restante (6,2 per cento) si muove attraverso vie d’acqua interne. Ma siamo anche il Paese con i costi del trasporto pesante su gomma, per chilometro percorso, tra i più elevati in Europa, con un saldo negativo di 3,2 miliardi nel 2017, pari al 54,6 per cento sul totale trasportato.

In questi anni sono state intraprese alcune misure a sostegno del trasporto ferroviario ma le azioni volte a spostare nel medio-lungo periodo consistenti quote di merci dalla strada alla ferrovia non si sono mai concretizzate in maniera decisiva. Si è trattato di iniziative di promozione del ‘ferro’ anche di un certo rilievo, con risultati tuttavia non sempre in linea rispetto alle attese.

Il sistema di trasporto su gomma dominante in Italia, secondo uno studio dell’Università Bocconi, penalizza infatti la nostra economica a causa dell’alto livello di esternalizzazione del servizio ad imprese dell’est Europa. Ciò significa un deficit di 3,2 miliardi per la nostra bilancia dei pagamenti internazionali ed elevato dumping sociale per i nostri autotrasportatori.

Il nostro Paese ha quindi bisogno di interventi efficaci per promuovere una rivoluzione logistica che incentivi il trasporto merci su rotaia. Si tratta di una svolta necessaria e che passa inevitabilmente da un cambiamento culturale e dall’ammodernamento delle infrastrutture, soprattutto nelle regioni del Sud. 

Negli ultimi 20 anni il trasporto ferroviario ha perso, infatti, il 70 per cento dei volumi di merce trasportata. La linea ferroviaria spesso obsoleta, insicura ed inadeguata non consente un servizio ferroviario efficiente e competitivo e quindi, a differenza delle altre direttrici, non rappresenta un’alternativa al trasporto su strada.

La ripresa dei lavori della Tav Torino – Lione rappresenta, in questa direzione, un fattore significativo capace di collegare il nostro Paese con le direttrici di trasporto europee ed intercettare una domanda di trasporto nell’arco alpino occidentale che possa collocarsi tra i 60 milioni di tonnellate nel 2030 e gli 85 milioni di tonnellate nel 2060.

La rivoluzione logistica che abbiamo invocato può essere trainata dalla ripartenza del dopo Covid. In primo luogo, perché nel corso dell’emergenza sanitaria da Covid-19 è emerso il fondamentale ruolo svolto dagli operatori della logistica e del trasporto merci su rotaia nel far fronte alle esigenze legate all’approvvigionamento di beni anche essenziali. In particolare, è stato evidente come questa tipologia di trasporto abbia garantito lo spostamento di grandi quantità di merci su lunghe distanze, con un impiego di personale più limitato e maggiormente controllabile dal punto di vista sanitario. 

Ed in secondo luogo grazie al Recovery fund appena varato dall’Unione Europea: con le nuove risorse sarà infatti possibile modernizzare le attuali infrastrutture.  

Senza dimenticare che ci sono attualmente in Italia molte opere già cantierabili, come evidenziato fin dai mesi scorsi dal “Piano Shock” proposto da Italia Viva, che permetterebbe lo sblocco di 120 miliardi di euro per la realizzazione di interventi infrastrutturali per promuovere anche il trasporto merci su rotaia ed in particolare per il completamento del cosiddetto "Terzo Valico del Giovi" tra Liguria e Piemonte. Si tratta anche in questi casi di un asse strategico capace di collegare l'Italia con gli altri paesi europei (ed in particolare il porto di Genova con quello di Rotterdam) e su cui si prevede nei prossimi anni un aumento dell’85 per cento del trasporto merci su ferro. 

Articolo di Silvia Fregolent tratto dal TN 4/2020 anno XXII

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