Avviata 35 anni fa con 3 camion, oggi in azienda disponiamo di 43 mezzi in ADR. I miei fratelli ed io crediamo fermamente nella qualità del servizio che offriamo, una scelta che ci ha permesso di andare avanti e di consolidare la nostra presenza sul mercato. In questi anni di attività ci siamo trovati ad affrontare diverse difficoltà, prima su tutte la concorrenza sleale praticata da alcune aziende straniere. Per circa 25 anni abbiamo lavorato con un grande spedizioniere italiano, gestendo tutta la logistica da un ufficio interno alla sua azienda. Tutto procedeva bene, fino a quando, nel 2016, i nuovi vertici decisero di optare per trasportatori in grado di offrire un prezzo più basso. Da un giorno all’altro, ci siamo ritrovati con 20 mezzi fermi sul piazzale, rimasti immobili per circa un anno e mezzo. Abbiamo trovato la forza di reagire nel fulcro della nostra azienda, la famiglia, e grazie alla qualità del servizio offerto, abbiamo iniziato a collaborare con nuovi spedizionieri molto importanti. Da allora, però, non è più stato lo stesso: siamo sempre affiancati da aziende straniere, o imprenditori italiani che hanno spostato la sede nell’est Europa. Siamo orgogliosi che gli spedizionieri con cui lavoriamo mostrino la nostra documentazione a conferma della qualità del servizio di trasporto offerto, ma questa è solo la facciata. Dietro di noi ci sono molte altre aziende che ci fanno una concorrenza spietata, “giocando” al ribasso. Lavorare con gli spedizionieri è una buona opportunità e, al tempo stesso, un rischio: i costi per l’affissione dei loghi su camion e divise degli autisti è a carico nostro, ma non si hanno garanzie sulla durata della collaborazione. Inoltre, col passare degli anni il nostro settore si è trovato obbligato a lavorare subendo veri e propri illeciti. Ad esempio, gli spedizionieri sono soliti consegnare il lavoro direttamente ai nostri autisti, contrariamente a quanto stabilito dalla normativa che prevede la consegna delle bolle della merce al titolare, l’unica persona legittimata a distribuire il lavoro ai suoi dipendenti. Per questo una volta avevamo un ufficio all’interno della sede dello spedizioniere. Inoltre, il nostro autista è spesso costretto a caricarsi la merce, attività non di sua competenza, giustificata con la “scusa del controllo del carico”. Come se ciò non bastasse, nel 50% dei casi la merce risulta già danneggiata alla partenza, ma viene negata la “riserva sulla consegna”. Per tutelarci, abbiamo iniziato a documentare il carico, ricevendo giornalmente decine di foto dagli autisti. Un altro illecito che subiamo costantemente riguarda i pagamenti: nonostante il contratto dei trasporti imponga pagamenti entro 60 giorni al massimo, la realtà dei fatti porta per lo più a saldi a 90-120 giorni. Come se ciò non bastasse, queste aziende hanno creato dei factoring che permettono di chiedere un anticipo sulla fattura pagando “solo” il 3%, mentre in banca per lo stesso servizio si paga l’1%. Chiaramente il nostro non è un caso isolato e si ritrova in tutte quelle aziende di autotrasporto che, come noi, hanno deciso di operare in regola, mantenendo la propria seda in Italia, dove sono nate e cresciute. I controlli, forse, potrebbero essere l’unica “arma” a nostro favore, anche se, attualmente, le sanzioni previste non comportano una reale penalizzazione per le aziende che operano in regime di concorrenza sleale. In caso di fermo amministrativo, questi “imprenditori” scelgono di abbandonare il mezzo, smontando e portandosi via tutte le componenti utili, piuttosto che pagare le multe. Dopo un paio d’anni, chiudono l’attività per poi riaprirla con un altro nome. Se al contrario, le sanzioni mettessero in reale difficoltà queste aziende, ad esempio con il sequestro dei mezzi, la situazione sarebbe diversa. Credo che i controlli siano doverosi e necessari, i camion sono mezzi che possono causare incidenti mortali. Se tutti rispettassero le regole, non si creerebbe questo “gioco al ribasso” che sta esasperando il settore. © TN Trasportonotizie - Riproduzione riservata |