Senza trasporti non c’è Europa |
Mondo TN |
2020 11 Maggio |
Con l’epidemia da coronavirus tornano i muri in Europa. Purtroppo, non è proprio una novità: era già successo negli scorsi anni, in occasione della crisi migratoria.
Questa volta, però, è diverso: la minaccia alla salute posta dal Covid-19 è gravissima e le misure restrittive e di distanziamento sociale, i vari lockdown, diventano fondamentali per salvare la vita di tante persone. Tuttavia, per quanto importanti, tali restrizioni non giustificano in nessun caso la messa in discussione della libera circolazione tra gli stati membri. In termini generali, sono convinto, ad esempio, che sarebbe meglio che le capitali europee si coordinassero su un insieme di misure di distanziamento sociale comuni, piuttosto che costringere chi si muove da uno stato all’altro a un periodo di quarantena. Da un punto di vista economico, poi, è chiaro che i blocchi alle frontiere indeboliscono in maniera significativa la produzione e possono anche causare dei rallentamenti nella consegna di beni e servizi fondamentali, come medicinali o alimenti. Per questo, fin dallo scoppio della crisi, in Parlamento e nelle altre istituzioni europee abbiamo preso una serie di decisioni per salvaguardare e garantire, per quanto possibile, i servizi di trasporto, ben consapevoli che, se questi vengono meno, cade l’impalcatura stessa sulla quale poggia non solo l’economia ma anche l’intero progetto d’integrazione europea. All’inizio la crisi ha colto gli stati di sorpresa, scatenando una reazione in ordine sparso. Per quanto riguarda il trasporto merci, va notato che le catene d’approvvigionamento sono state colpite in modo particolarmente grave dall’introduzione di divieti d’ingresso alle frontiere interne. In particolare, a soffrire maggiormente è stato il trasporto stradale, che oggi rappresenta il 75 per cento del trasporto di merci. Fin da metà marzo siamo quindi intervenuti a Bruxelles per difendere la mobilità in Europa. Il 16 marzo la Commissione europea ha emesso una serie di linee guida, che invitano gli stati membri a trovare un equilibrio tra le misure per proteggere la salute dei cittadini (e, in particolare, dei viaggiatori) e quelle per continuare a garantire la circolazione di beni e servizi essenziali attraverso il continente. Per perseguire questo secondo obiettivo, la Commissione europea ha chiesto, già il 23 marzo, l’istituzione lungo la rete transeuropea di trasporto, che comprende le più importanti arterie stradali, ferroviarie e di vie navigabili interne all’Unione, dei cosiddetti “corridoi verdi”. Si tratta di valichi di frontiera aperti al transito dei servizi di trasporto merci, dove i controlli e gli screening non possono durare più di quindici minuti. I valichi di frontiera di tipo “corsia verde” devono essere aperti indistintamente a tutti i veicoli di trasporto merci, pesanti e leggeri e, ove applicabile, a treni e navi. In questo contesto, tutte le restrizioni alla circolazione in vigore prima dello scoppio della crisi (divieto di circolazione nel fine settimana, divieti notturni, divieti settoriali ecc.) dovrebbero essere sospese, al fine di aumentare la fluidità del traffico. Più nel dettaglio, ai valichi di frontiera di tipo “corsia verde” le procedure devono essere ridotte al minimo e ai conducenti di veicoli merci non deve essere chiesto di presentare documenti diversi da quello di identità e dalla patente di guida e, se necessario, un modello di lettera standard del datore di lavoro. Questi corridoi verdi stanno garantendo la tenuta del mercato unico. Ma la sfida è più grande: dobbiamo riaprire l’Europa, rimuovendo in maniera graduale tutti i blocchi ai trasporti introdotti in questo periodo. L’alleggerimento delle misure di confinamento vuol dire anche rilanciare la mobilità nel continente. In Europa ci stiamo preparando da settimane a questo scenario e presenteremo a breve un piano dettagliato per la reintroduzione “in sicurezza” dei servizi di trasporto e delle connessioni tra stati membri, da adottare non appena la situazione sanitaria lo consentirà, anche in vista degli spostamenti previsti durante il periodo estivo. La crisi lo ha dimostrato una volta di più: i trasporti sono un settore strategico, prioritario, almeno quanto lo sono la sanità e l’agricoltura. Di conseguenza, la libera circolazione può e deve essere difesa anche in momenti d’emergenza come quello che stiamo vivendo. L’Europa sta facendo la sua parte, ora spetta agli stati avere la volontà e il coraggio per coordinarsi. Articolo di Herbert Dorfmann tratto dal TN 2/2020 anno XXII © TN Trasportonotizie - Riproduzione riservata
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