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Il gioco dell’oca della sicurezza stradale PDF Stampa E-mail
Mondo TN
2019
16
Dicembre

Il “Gioco dell’oca” era un bellissimo passatempo per i più giovani, un gioco da tavolo che non ha mai cambiato le proprie regole. E lo vogliamo prendere come esempio, per descrivere quello che è oggi il panorama di una riforma del Codice della Strada che ripartirà da zero.

Autostrada caselli

La casella “torna al via” era quella che tutti noi odiavamo, magari a pochissimo dal traguardo, dopo una lunga serie di tiri fortunati con i dadi, consapevoli che la posta in gioco e la casella “fine” era ormai raggiunta.

Dopo aver ascoltato in Commissione Trasporti alla Camera la neo Ministra delle Infrastrutture e dei Trasporti Paola De Micheli, abbiamo compreso che la miniriforma del Codice della Strada, non arriverà in Assemblea, a causa della nuova relazione del Ministero dell’Economia e delle Finanze che ne ha bloccato l’iter.

Anzi quel disegno di legge è morto. Niente casa avanzata e zone scolastiche, nulla di nulla sull’inasprimento delle sanzioni per chi utilizza cellulari, computer, smartphone, tablet alla guida con la sospensione della patente già alla prima violazione, zero assoluto per la riforma della contestazione per accertare l’uso di sostanze stupefacenti mentre si è alla guida, scordatevi il pacchetto di nuove norme dirette ai ciclisti, compreso l’obbligo di mantenere una distanza minima laterale, l’obbligo del casco per i minori di anni 12 e la casa avanzata per i ciclisti. 

Spazzate via altre decine di modifiche del Codice che erano certamente un piccolo segnale, ma almeno erano un preciso segnale di attenzione alla sicurezza stradale che, dopo la legge nr. 41/2016, non ha più visto alcun provvedimento (tranne l’obbligo dei seggiolini antiabbandono per i minori di 4 anni) degno di modificare sostan-zialmente i pilastri di un codice che si avvicina ai 30 anni di vita. 

Insomma, per la miniriforma del Codice della Strada (che risultava calendarizzata a novembre nel programma dell’Assemblea della Camera dei Deputati”) si torna al via.

Non potremo mai scordare che nella precedente legislatura, esattamente sei anni fa (era l’8 ottobre 2013) veniva approvato, sempre alla Camera e in tempi rapidi, il disegno di legge delega di riforma del Codice.

Peccato che al Senato quel DDL non riuscì mai a vedere l’Assemblea di Palazzo Madama. Perché? Sempre una relazione del Ministero dell’Economia e Finanze bloccò l’iter, non venne infatti fornito il parere favorevole alla prosecuzione dei lavori. Anche in quel caso si era tornati al via.

Ma non è tutto. Dall’audizione emerge che la Ministra, cui va riconosciuta una chiarezza sul tema della sicurezza stradale e la volontà di ascoltare il Parlamento, ha fatto il punto sul decreto interministeriale del Ministero Trasporti e Ministero Interno, che attua l’art. 25 della Legge nr. 120/2010.

A quasi 10 anni (pazzesco) i due Ministeri non hanno ancora approvato quel testo che obbliga le amministrazioni locali (ma non lo Stato) a riferire puntualmente la destinazione dei proventi delle sanzioni al Codice della Strada.

Il testo, pronto da anni, era stato bloccato perché mancava il portale informatico in cui inserire i dati, con la suddivisione di quelli derivanti dalle violazioni sulla velocità, anche su strade non di proprietà e tutte le altre violazioni.

Un altro testo fu presentato a febbraio del 2019, mentre a giugno in Conferenza Stato – Città è arrivato l’ultimo testo.
Un testo che se è apprezzabile per obbligare Comuni e Province a dichiarare cosa fanno dei soldi dei cittadini (peraltro risulta ad ASAPS che sono già oltre trecento i Comuni che già oggi rendicontano la destinazione al Ministero dell’Interno), dall’altra ha messo in allarme proprio gli Enti locali, per l’allegato B al decreto previsto nel testo all’articolo 6. Quello che riguarda le modalità innovative dei controlli velocità.

E allora durante l’audizione in Commissione Trasporti alla Camera della Ministra De Micheli, abbiamo appreso dalla sua viva voce che “mentre sulla destinazione dei proventi contravvenzionali sono tutti d’accordo, potrebbero esserci gravi problemi di natura economico-finanziaria per le Province e i Comuni, a causa dell’impossibilità dei controlli. Non si può fare un atto senza valutarne l’impatto. Ci prendiamo tempo per valutare se l’allarme lanciato da ANCI e UPI è emotivo oppure se è d’impatto vero. Serve una omogeneità.”

Insomma non si torna al via, ma quasi. E allora ci permettiamo di dare, come sempre, il nostro modesto contributo.

E diciamo alla Ministra di dividere in due quel decreto, attuando subito quanto previsto da due lustri a questa parte. Cioè il testo relativo alla rendicontazione venga immediatamente inviato al Consiglio di Stato per il previsto parere, e venga firmato subito, mentre se si intendono modificare le regole d’ingaggio sui controlli della velocità (che lo ricordiamo, rimane tra le principali cause di sinistro stradale mortale e con feriti in Italia), lo si faccia mettendo attorno al tavolo dirigenti e tecnici non solo del Mit e dell’Interno ma anche dell’ANCI, perché non era accettabile una esclusione dalle strade extraurbane delle Polizie Locali o la modifica dell’intera segnaletica, come non è accettabile avere controlli con postazioni fisse nei Comuni dove non è stato osservata la procedura che coinvolge le Prefetture.

Insomma, le nuove regole vanno scritte subito ma in modo legittimo, e non stravolgendo il Codice della Strada, per perseguire un “populismo” dell’insicurezza stradale, che sta combattendo contro etilometri, autovelox ed altre apparecchiature che spesso, molto spesso, disinnescano vere e proprie “bombe ad orologeria”. Questa volta lo diciamo noi, si torni al via, ma facciamo presto.

Articolo di Giordano Biserni tratto dal TN 6/2019 anno XXI

© TN Trasportonotizie - Riproduzione riservata

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