Autotrasporti: il lavoro c’è, mancano le risorse |
2019 19 Marzo |
Nonostante la crisi economica e le innumerevoli difficoltà che i giovani oggi affrontano nel trovare un impiego, il settore degli autotrasporti vive una “crisi al contrario”.
L’offerta di lavoro c’è ed è anche molto alta: nei prossimi cinque anni, solo in Italia, ci sarà bisogno di 20mila autotrasportatori. Peccato, però, che si faccia fatica a trovare nuovi autisti da assumere. Come europarlamentare mi sento in dovere di fare qualcosa, soprattutto per le nuove generazioni. La questione della mancanza di autotrasportatori è solo uno dei tanti problemi che, diversi imprenditori, mi sottopongono costantemente. Certamente il lavoro degli autotrasportatori non è facile e le condizioni di lavoro spesso fanno gettare la spugna agli aspiranti camionisti, prima ancora di iniziare. Ascoltando chi svolge questo mestiere, ho scoperto una realtà fatta di tanti sacrifici: partenza il lunedì intorno alle 3 di notte e rientro il venerdì sera, con turni, spesso, anche nei giorni festivi e soste notturne nelle piazzole autostradali, descrivono un quadro poco attraente, specie per i giovani. Negli ultimi anni, però, il settore dell’autotrasporto si è evoluto, la figura del camionista burbero e grossolano è stata superata. Oggi chi intraprende questo mestiere deve avere delle competenze tecnologiche avanzate, con mezzi altamente performanti. Eppure, continua ad essere considerato un lavoro per over 50: oggi solo il 18% di chi guida un mezzo pesante ha meno di 40 anni. Un’altra barriera che le nuove leve denunciano è il dover sostenere dei costi altissimi per acquisire una patente e le abilitazioni. Per diventare autotrasportatore è necessario possedere la patente CQC, che consente di guidare mezzi al di sopra delle 3,5 tonnellate di peso. Il prezzo da pagare non è accessibile a tutti: dai 2mila ai 4mila euro. Senza considerare i costi di rinnovo. L’Unione europea può e deve fare qualcosa, rendendo accessibile a tutti l’acquisizione di questa patente. Inoltre, dovrebbe intervenire in maniera più incisiva anche nella questione della “concorrenza sleale” fatta dai trasportatori dell’Est, che sono pagati un quarto rispetto agli altri (quindi costano meno alle imprese) e possono lavorare in tutta Europa. Negli ultimi dieci anni, secondo Confcommercio, c’è stato un crollo del 70% tra i traffici gestiti da trasportatori italiani, mentre è aumentato del 200% quelle delle imprese dell’Est Europa. Un dato negativo che incide non poco sull’economia del Paese, basti pensare che quasi il 90 per cento delle merci in Italia viaggia su gomma. Eppure, molti tir si trovano costretti a stare fermi nei parcheggi delle imprese e questo danneggia gravemente il settore. Diventare autotrasportatore non è semplice, nondimeno oggi sono tante le aziende che investono direttamente sui giovani, a cominciare dal conseguimento della patente professionale. Ma non basta. Bisogna migliorare le condizioni di lavoro per offrire ai lavoratori contesti più confortevoli, partendo proprio dai mezzi, con ritmi di lavoro meno stressanti ed un clima economico meno ostile, per esempio, combattendo la concorrenza sleale da parte dei vettori esteri. Inoltre, servono delle leggi che favoriscano e tutelino gli autotrasportatori, che ogni giorno corrono rischi. Per sostituire gli autisti che hanno raggiunto l’età pensionistica con i nuovi, serve incentivare le nuove generazioni ad avvicinarsi a questo mestiere con degli investimenti mirati. Questa professione è in via di estinzione, servono scuole professionali per gli autotrasportatori che aiutino i giovani ad inserirsi nel settore. Articolo di David Borrelli tratto dal TN 2/2019 anno XXI © TN Trasportonotizie - Riproduzione riservata |
Ultimo aggiornamento 2019 13 Maggio |