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Trasporti ''in terra, in cielo, in mare'' PDF Stampa E-mail
Pasetti - L'Opinione

Un inno patriottico della seconda guerra mondiale esaltava le vittorie ottenute “in terra, in cielo e in mar”. Ovvero celebrava il controllo del territorio e l’espansione di un mercato da estendere oltre i confini della nazione, così da assicurare un potere economico sviluppato attraverso le tre vie di comunicazione, che avrebbe comportato il correlativo benessere per i cittadini.

L’Italia è protesa sul mare e, con la sua posizione centrale nel Mediterraneo, che veniva chiamato “mare nostrum”, i suoi 1.800 chilometri di coste sui mari Tirreno, Ionio ed Adriatico, gli innumerevoli porti mercantili e turistici operativi ai quattro punti cardinali, costituisce polo di ricezioni e spedizioni di merci nell’ambito nazionale ed internazionale da e verso l’Europa, l’Africa e l’Atlantico. Il suo naturale entroterra, retrostante la fascia delle Alpi, è l’intera Europa. Non esiste nel nostro continente un altro stato che possa usufruire di una tale ottimale configurazione geografica.

Nella consapevolezza dell’importanza strategica di una rapida percorribilità del territorio per la circolazione dei trasporti, pur ignorando la moderna logistica e la sistematica dei trasporti intermodali, la civiltà dello Stato romano realizzò un impero ed un potere che si protrasse nei secoli, avvalendosi di uno sviluppo viario, per i tempi altamente tecnologico, con il quale l’impero era collegato con Roma.

Anche dopo 2000 anni, il nome delle strade romane sulle quali si sviluppò la grande circolazione, ha mantenuto un tale significato onomatopeico che alle prestigiose autovetture prodotte dalla Lancia vennero attribuiti i nomi delle antiche vie consolari: Flaminia - Aurelia - Appia; sì da correlare i nomi di tali autovetture con la percorrenza stradale.

Anteriormente agli eventi bellici della seconda guerra mondiale, nella consapevolezza della imprescindibile necessità per una nazione moderna di avvalersi di una rete viaria funzionale da adibire ai trasporti, vennero costruite le cosiddette “camionali”, ovvero vie di percorrenza privilegiata per le merci.

Negli anni successivi agli eventi bellici la classe politica era consapevole che l’Italia, quale Stato partecipe alla prevista unità economica europea, doveva avvalersi di una rete di trasporti di persone e cose che rendessero il territorio percorribile in tempi adeguati alle esigenze della seconda metà del secolo, tramite direttrici di collegamento delle regioni.

Le nuove autostrade dettero un impulso determinante alla ricostruzione dell’economia ed allo sviluppo del benessere del quale, sia pur con gradualità, poterono avvalersi gli italiani in quegli anni, chiamati del “miracolo economico”.

Oggi qualunque iniziativa con la quale si cerchi di promuovere le opere che costituiscono le infrastrutture per lo sviluppo di una rete di trasporti adeguata ai nuovi tempi, per una migliore espansione dei traffici verso l’immenso mercato della Comunità europea, del quale l’Italia può costituire la naturale testa di ponte, oltre che verso i paesi dell’est, viene pervicacemente intralciata e combattuta, in una miope ottica dell’oggi che ritiene di poter ignorare il domani.

In pochi decenni l’intera politica dei trasporti che aveva portato l’Italia in situazione di avanguardia, anche internazionale, “in terra , in cielo ed in mare”, è stata sostanzialmente distrutta.

Le grandi compagnie di navigazione quali la Tirrennia, l’Italia Navigazione, il Lloyd Adriatico, sono un ricordo. Fondamentali linee crocieristiche sono passate in mani estere. Un gigante dei cieli quale era l’Alitalia sopravvive ridotta a limitati percorsi nazionali, ed ignoriamo se potrà ancora esistere, sia pur guidata, o forse assorbita, dalla direzione di altre compagnie europee, o forse anche asiatiche. 

I dissesti del trasporto ferroviario sono all’ordine del giorno, sì da suscitare periodicamente le proteste degli utenti, e occupazioni dei binari. Analogamente anche i trasporti di persone nell’ambito urbano subiscono progressive abolizioni di percorrenze, riduzione della frequenza dei servizi e scioperi dei conducenti, che si traducono in gravi disagi per i cittadini, con perdite per gli stessi di ore di lavoro.

Taluno, talora, riprospetta, come se ritrattasse di soluzione realizzabile con bacchetta magica, la sostituzione del trasporto merci su strada con il trasporto su rotaie e lungo le così dette “autostrade del mare”. Nel corso di un convegno svoltosi a Genova, un noto armatore espresse la propria accondiscendenza a tale progetto, precisando peraltro che lo Stato avrebbe dovuto intervenire con sostanziosi finanziamenti di sostegno, l’entità dei quali, sarebbe tale da rendere economicamente non conveniente una tale alternativa che prescinde dalla esigenza della velocizzazione delle consegne.

Da sempre siamo tutti consapevoli che una soluzione alternativa al trasporto su strada, tramite un ipotetico incremento del trasporto ferroviario, anch’esso attualmente in profonda crisi, comporterebbe una tale mole di investimenti da essere totalmente utopistica. Ma allorché, nell’interesse dell’intera economia, si chiede una razionalizzazione e modulazione degli interventi per il trasporto su strada, anche nella sussistenza della necessità della traslazione quotidiana delle merci quale vitale necessità per la popolazione, ed indispensabile per la continuità dei commerci e della operatività quotidiana della miriade delle piccole imprese operanti nel contesto urbano, viene sollevato lo spettro dell’inquinamento, senza, peraltro, la presentazione di alcuna alternativa realistica, che consenta di “aprire la strada” per superare la stagnazione della produzione e dei consumi.

In tale situazione non é possibile che, nonostante le sollecitazioni degli operatori dell’autotrasporto, finora contenute a livello di moderate contestazioni, la classe politica non si renda conto della necessità di una urgente, improrogabile ed approfondita programmazione complessiva e correlata dei trasporti nazionali “per terra, per cielo e per mare” che renda possibile una lungimirante strategia con la partecipazione dei più autorevoli e consapevoli esponenti dei settori, la competenza dei quali consegue dall’essere effettivi operatori del mercato e quindi consapevoli delle realtà dei problemi e propositori di realistiche soluzioni che consentano di arrestare i dissesti che, di anno in anno, si fanno sempre più imponenti, fino a travolgere, direttamente, o di riflesso, i più rilevanti settori dell’economia nazionale.

Sono ormai maturi i tempi per coinvolgere i mezzi informativi - e formativi - della opinione pubblica, sì che la situazione suesposta diventi per la stessa argomento di dibattito continuativo sui più importanti organi di stampa e reti televisive, in luogo delle usuali diatribe quotidiane di sola politica partitica, sì da diffondere fra la società una consapevole cultura sui problemi dei trasporti e rendendola partecipe degli effetti che si ripercuotono quotidianamente sulla vita di ognuno di noi, anche se dibattuti dalla sola stampa del settore, diffusa usualmente fra i soli appartenenti allo stesso.

Oggi l’azione delle Organizzazioni sindacali della categoria, siano esse espressioni dei titolari delle imprese, o dei lavoratori che nelle stesse operano, devono essere in via principale rivolte non solo e non tanto nell’ambito di un confronto nell’ambito dei diretti interessati, quanto nel promuovere la consapevolezza della società italiana di come la stessa ne venga coinvolta, non avendo ancora, purtroppo, una chiara visione della drammaticità di una situazione che, giorno per giorno, coinvolge l’intera popolazione attiva: imprenditori, dipendenti, operatori autonomi.

Poiché i trasporti interferiscono globalmente sulla vita sociale, economica e lavorativa della nazione, si tratta di essere coscienti che, al di là di soluzioni tampone con effetti di breve durata, occorre agire legislativamente sulle notevoli incidenze che le imposte ed altre esazioni quali quelle autostradali determinano sull’autotrasporto, per poter realizzare decrementi di costi, i quali gravando su un servizio reso per l’intera collettività, consentirebbero una minore incidenza sui prezzi finali delle merci, favorendo i consumi.

La razionalizzazione delle interazioni sussistenti fra le tre modalità di trasporto, richiedono coordinati approfondimenti, oggi non sussistenti e comunque non realizzabili da operatori a tavolino.

Ma tali prospettazioni non possono essere solo tema di volenterosi convegni territoriali, promossi, anche recentemente, dai più consapevoli, ma devono investire, quale tema primario di rilievo nazionale, la classe politica in un impegno legislativo che dovrebbe, di per sé, essere unanimemente condiviso dalla stessa, prescindendo dall’appartenenza ai diversi partiti politici.

Per ottenere tale risultato occorre il totale e massimo impegno di tutti gli operatori dei settori del trasporto, che consentono l’operatività quotidiana di tutta l’imprenditoria italiana.

2000 anni fa si affermava: “tutte le strade conducono a Roma”, allora centro del potere dell’Impero, ma ancor oggi, le azioni della categoria devono convergere verso Roma, centro di quel potere legislativo che, attraverso i meccanismi elettorali previsti dalla Costituzione consentono la promozione di normative indirizzate dalla volontà dei cittadini.

Articolo di Giorgio Pasetti tratto dal TN Anno XV, Numero 5/2013

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