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Mi chiamo Christian Pera e sono il titolare dell’Autotrasporti PRT di Racconigi, in provincia di Cuneo. In azienda disponiamo di 9 mezzi, siamo 7 autisti e ci occupiamo di trasporto di materiale siderurgico, legname e macchinari. 

Nonostante la possibilità di lavorare durante il lockdown, siamo rimasti fermi per due settimane, in quanto i nostri clienti, non trattando prodotti alimentari, erano chiusi. Successivamente abbiamo lavorato il 70-80% in meno rispetto al normale, con due autisti in servizio e gli altri in cassa integrazione. Infine, quando le aziende hanno iniziato a riaprire, abbiamo reintegrato gli autisti uno alla volta, fino ad arrivare a riprendere il lavoro consueto. Si può dire che da metà giugno a fine luglio l’impegno lavorativo è tornato ai livelli pre-Covid. 

 

Riguardo agli aiuti predisposti dal Governo, oltre alla cassa integrazione, abbiamo usufruito del finanziamento a “tasso zero” e del contributo a fondo perduto. Tuttavia, se potessi chiedere allo Stato un’ulteriore misura in merito al pagamento dei contributi posticipato a settembre, chiederei la possibilità di rateizzare la somma da versare. Nel mio caso, avrei preferito pagare la quota dovuta a inizio anno, quando ancora non c’erano problemi di liquidità, perché con il posticipo di sei mesi e il pagamento in un’unica soluzione a settembre, si rischia di bloccare il settore.

Le aziende, chiaramente, scelgono di pagare prima le tasse e, successivamente, i fornitori, talvolta dilatando ulteriormente i pagamenti per mancanza di liquidità. In questo modo si crea un circolo vizioso che riduce le disponibilità di capitale di noi autotrasportatori, a nostra volta in difficoltà con i pagamenti dei costi da affrontare nell’immediato per tenere in piedi l’attività (assicurazioni, gasolio, pedaggi, etc.).

Inoltre, chiederei al Governo maggiore chiarezza e trasparenza nell’emanazione delle norme e disposizioni urgenti in caso di emergenza nazionale, in quanto durante il lockdown non si avevano mai notizie certe sulle nuove direttive fino alla sera tardi. La sospensione dei divieti di transito domenicali è stata una misura molto apprezzata, tuttavia per una migliore gestione e organizzazione dei viaggi sarebbe stata necessaria una pubblicazione più tempestiva delle note. Tralasciando il Covid, c’è un problema che si sta affacciando nel mondo dei trasporti: la mancanza di nuovi autisti professionisti. La sempre maggiore presenza di personale straniero alle dipendenze delle imprese italiane è dettata dalla mancanza di ragazzi che decidono di intraprendere questo tipo di carriera.

A mio avviso, il problema principale è il costo della patente, che sta diventando sempre più proibitivo. Una volta le nuove leve prendevano la patente gratuitamente durante il servizio militare obbligatorio. Al giorno d’oggi sono lasciati soli. C’è stato qualche tentativo di incentivo da parte dello Stato negli anni passati e qualche iniziativa privata, ma da sole non bastano.

Per risolvere questo problema, che sarà sempre più presente negli anni a venire, è necessario un programma più strutturato, ad esempio con un piano di agevolazioni pluriennale rivolto sia ai futuri autisti, sia alle imprese. Se, ad esempio, lo Stato prevedesse la possibilità di scalare parte del costo di una nuova patente dai contributi che deve versare un’azienda, tramite l’assunzione di un giovane con clausole ad hoc che tutelino entrambe le parti, noi imprenditori potremmo farci carico del costo di formazione del nuovo autista nell’ottica di una collaborazione a lungo termine. Purtroppo, la sola patente non basta per diventare un autista professionista, i nuovi camionisti devo anche imparare a manovrare il mezzo, evitare gli incidenti, fissare il carico, etc. 

 

Non dimentichiamoci che il camion è uno strumento di lavoro che, se mal utilizzato, può diventare pericoloso non solo per chi lo guida, ma anche per tutte le persone che si trovano attorno.

© TN Trasportonotizie - Riproduzione riservata

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